Author: Jonathan Safran Foer
Quotes of Author: Jonathan Safran Foer
  1. Jonathan Safran Foer

    Jonathan Safran Foer's 10 Rules for Writing: 1.Tragedies make great literature; unfathomable catastrophes {the Holocaust, 9/11} are even better – try to construct your books around them for added gravitas but, since those big issues are such bummers, make sure you do it in a way that still focuses on a quirky central character that's somewhat like Jonathan Safran Foer. 2. You can also name your character Jonathan Safran Foer. 3. If you're writing a non-fiction book you should still make sure that it has a strong, deep, wise, and relatable central character – someone like Jonathan Safran Foer. 4. If you reach a point in your book where you're not sure what to do, or how to approach a certain scene, or what the hell you're doing, just throw in a picture, or a photo, or scribbles, or blank pages, or some illegible text, or maybe even a flipbook. Don't worry if these things don't mean anything, that's what postmodernism is all about. If you're not sure what to put in, you can't go wrong with a nice photograph of Jonathan Safran Foer. 5. If you come up with a pun, metaphor, or phrase that you think is really clever and original, don't just use it once and throw it away, sprinkle it liberally throughout the text. One particularly good phrase that comes to mind is "Jonathan Safran Foer." 6. Don't worry if you seem to be saying the same thing over and over again, repetition makes the work stronger, repetition is good, it drives the point home. The more you repeat a phrase or an idea, the better it gets. You should not be afraid of repeating ideas or phrases. One particularly good phrase that comes to mind is "Jonathan Safran Foer." 7. Other writers are not your enemies, they are your friends, so you should feel free to borrow some of their ideas, words, techniques, and symbols, and use them completely out of context. They won't mind, they're your friends, just like my good friend Paul Auster, with whom I am very good friends. Just make sure you don't steal anything from Jonathan Safran Foer, it wouldn't be nice, he is your friend. 8. Make sure you have exactly three plots in your novel, any more and it gets confusing, any less and it's not postmodern. At least one of those plots should be in a different timeline. It often helps if you name these three plots, I often use "Jonathan," "Safran," and "Foer.
  2. Jonathan Safran Foer _ Everything is Illuminated &

    La casa dove tua bis-bis-bisnonna e io andammo a stare appena sposati dava sulle cascatelle {...} Aveva pavimenti di legno e finestre magnifiche e spazio sufficiente per una famiglia numerosa. Era una bella casa. Una buona casa. Ma l'acqua... diceva la tua bis-bis-bisnonna ... non riesco a sentirmi quando penso. Tempo, io la incalzavo. Datti tempo. E, lascia che te lo dica: anche se la casa era spaventosamente umida, e il prato davanti una fangaia perenne a causa degli spruzzi; anche se i muri ogni sei mesi necessitavano di riparazioni, e scaglie di pittura cadevano dal soffitto in tutte le stagioni come neve... ciò che si dice di chi abita vicino a una cascata è vero. Che cosa, chiese mio nonno, cosa si dice? Si dice che chi abita vicino a una cascata non senta l'acqua. Questo, si dice? Esatto. Naturalmente la tua bis-bis-bisnonna aveva ragione. All'inizio fu terribile. Non sopportavamo di rimanere in casa per più di poche ore di fila. Le prime due settimane furono caratterizzate da notti di sonno intermittente, litigi soltanto per il gusto di farci sentiore sopra lo scroscio. Litigavamo al solo scopo di ricordarci a vicenda che eravamo innamorati e non in preda all'odio. Però le settimane successive andò un po' meglio: era possibile dormire qualche buona oretta per notte e mangiare con un disagio sopportabile. la tua bis-bis-bisnonna ancora malediceva l'acqua {...}, ma meno di frequente, e con minore furia. {...} La vita continuò perchè la vita continua, e il tempo passò, perchè il tempo passa, e dopo poco più di due mesi: Hai sentito? le domandai, una delle rare mattine in cui eravamo seduti insieme a tavola. Hai sentito? Deposi il mio caffè e mi alazi dalla sedia. La senti quella cosa? Quale? mi chiese lei. Esatto! risposi, correndo fuori per salutare a pugno teso la cascata. Esattamente! Ballammo, lanciando in aria manciate d'acqua, senza sentire proprio neinte. Alternavamo abbracci di perdono e urla di umano trionfo all'indirizzo dell'acqua. Chi vince la battaglia? Chi vince la battaglia, cascata? Noi! La vinciamo noi! E questo vivere vicino a una cascata, Safran. {..} Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita. {...} Ma questa non è tutta la storia, continuò la Meridiana. L'ho capito la prima volta che ho tentato di bisbigliare un segreto senza riuscirvi, o fischiettare una canzone senza insinuare la paura nei cuori di chi era nel raggio di centro metri, quando i miei colleghi della conceria mi hanno supplicato di abbassare la voce perché chi riesce a pensare se gridi in quel modo? Al che io ho domandato: STO DAVVERO GRIDANDO? * La storia della casa sulla cascata, la Meridiana
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